domenica 5 settembre 2010

Sulla via Emilia il vetro è arte

Una piccola porta gialla tra due vetrine in una palazzina del primo novecento sulla trafficata via Emilia, a Corvino San Quirico, tra Casteggio e Broni.



Entri e ti trovi in un'altra realtà, fatta di luci, colori e trasparenze.



È lo studio di Lilia e Luigi Casarini, una coppia di artisti-artigiani che da 30 anni progettano e realizzano opere in vetro per l'arte, l'architettura e l'arredamento.

In Oltrepò i Casarini ci sono arrivati sei anni fa da Milano, alla ricerca di una miglior qualità della vita e di un ambiente più tranquillo rispetto a quello della metropoli.

Il suo primo atelier Luigi Casarini l'aveva aperto nel 1979 a Savona, sua città Natale, famosa – assieme alla vicina Albissola – per le ceramiche artistiche. Lui sceglie invece di dedicarsi al vetro. Senza rifarsi però ai modelli del passato ma cercando di mantenere sempre uno stretto legame con l'architettura e l'arte contemporanea: una costante del suo lavoro anche negli anni successivi.

Il laboratorio diventa un punto di riferimento per molti artisti. E nel '92 Casarini accanto al laboratorio apre uno spazio espositivo, inaugurato da una mostra di Ernesto Treccani, per cui aveva già realizzato diverse opere in vetro.

Nel 2004 chiude l'atelier di Savona e si trasferisce a Milano, dove resta quattro anni. Nel frattempo sistema la casa-laboratorio di Corvino San Quirico, dove si trasferisce definitivamente nel 2008.



In questi anni Casarini ha prodotto molte vetrate per chiese e palazzi e opere in vetro per diversi artisti contemporanei, da Alik Cavaliere a Mimmo Rotella, da Emilio Tadini a Ugo Nespolo.

Con Treccani, l'artista con cui ha lavorato più assiduamente,  Casarini ha realizzato una serie di dodici vetrate sul tema 'Energia, luci, colore', commissionata dal Gestore del mercato elettrico italiano. Ogni vetrata raffigura una diversa forma di energia, dal sole all'acqua, all'energia atomica; la serie si conclude con un tributo alla natura splendente.

Questo forse il vero filo conduttore dell'opera di Casarini. La natura splendente, le forme e i colori degli oggetti naturali distillati in una materia – il vetro – che va all'essenza delle cose, penetrando nei dettagli come un microscopio ellettronico alla ricerca di quel quid di luce che dà sostanza al mondo.

Basta una breve visita nell'atelier per cogliere la natura splendente in tutte le sue declinazioni: vetrate dai motivi floreali,



piatti e vasi dai colori intensi, solari,



formelle ispirate al simbolo dell'Oltrepò,



gioelli che racchiudono, come piccoli scrigni trasparenti, impressioni e sensazioni, istanti da rivivere e ricordare,



un vaso di fiori disegnato da Emilio Tadini...



e, fuori, il sole della via Emilia.

lunedì 30 agosto 2010

Il riscatto della collina

Ma basta un giro in collina, tra vigne piene di grappoli pronti per la vendemmia, in una limpida giornata di sole, per dimenticare ciò che di brutto si incontra lungo la strada.



Nella foto, scattata ieri, una veduta di  Mornico Losana dalla strada per Casa Madama.

domenica 29 agosto 2010

Un giro nelle rotatorie 2


Proseguiamo il nostro giro. A Montebello, davanti al monumento ai caduti della famosa battaglia, troviamo finalmente una rotatoria un po' curata e con qualche riferimento all'ambiente e alle risorse locali. Merito di uno sponsor privato, la Cantina Sociale di Casteggio (che di recente si è fusa con quella Broni).



Al centro della rotonda una piccola vigna, contornata da un'aiuola di rose. 

Un'altra rotonda sponsorizzata da un produttore vinicolo si trova a Casteggio. Lo sponsor è Travaglino, una delle più note aziende vinicole della zona. Che però non ha saputo far meglio di quel che si vede nella foto: ha usato la rotonda semplicemente per farsi pubblicità con una grande scritta che dice: "Travaglino dal 1868". 



Ma il peggio del peggio si trova proseguendo verso l'autostrada Piacenza-Brescia: la rotatoria all'inizio della tangenziale di Casteggio. È una delle porte di accesso all'Oltrepò dei vini, la "ridente località" descritta nei depliant turistici, ma sembra la periferia degradata di una città del terzo mondo.



Erbacce secche, pubblicità abusive, cartelli divelti, rifiuti...



L'aspetto delle rotatorie e delle strade in genere non è una questione trascurabile, soprattutto dal punto di vista turistico. Basta mettere il naso fuori dall'Italia per rendersene conto. 

La Borgogna, ad esempio,  è una regione francese simile per molti aspetti all'Oltrepò Pavese. A cominciare dal fatto che è una zona vinicola di lunga tradizione, esattamente come l'Oltrepò.

Beaune, la capitale dei vini della Borgogna, è una cittadina di 21mila abitanti, come Stradella e Broni messe assieme. Nei dintorni ci sono paesi dai nomi prestigiosi per gli amanti dei vini francesi: Pommard, Meursault, Pernand-Vergelesses, Puligny-Montrachet. E noi abbiamo Santa Maria della Versa, Canneto Pavese, Calvignano, Torricella Verzate, e così via.

Un viaggio a Beaune potrebbe risultare molto utile ai nostri amministratori locali: imparerebbero che la cura dell'ambiente e del territorio sono elementi essenziali per l'immagine di una città o di una regione e che anche particolari apparentemente secondari come l'aspetto delle rotatorie e delle strade sono importanti per l'accoglienza dei turisti, oltre che per la qualità della vita dei cittadini.

Ecco ad esempio come si presenta la strada che collega Beaune all'autostrada A6:



Il verde è curato, non ci sono erbacce nè e cartelli divelti. Niente degrado insomma, ma un ambiente piacevole, anche se siamo in una zona periferica.

Ed ecco una delle rotonde che si incontrano entrando in città:



Non è la pubblicità di un produttore di vini ma semplicemente il modo con cui Beaune accoglie i propri ospiti valorizzando una delle principali risorse del territorio, il vino appunto.

mercoledì 25 agosto 2010

Un giro nelle rotatorie

Le rotatorie non sono solo uno strumento per rendere più fluida la circolazione sulle strade ma anche una sorta di palcoscenico: mostrano l'atteggiamento delle amministrazioni locali per l'ambiente e l'arredo urbano.

Com'è la situazione in Oltrepò? Abbiamo fatto un piccolo giro per verificarlo, partendo da una classica strada d'accesso: la statale 35.

Subito dopo il ponte sul Po siamo accolti dal cartello di benvenuto di Bressana Bottarone.



Ma il vero 'benvenuto' arriva un centinaio di metri dopo. La qualità dell'accoglienza si può giudicare entrando nella prima rotatoria dell'Oltrepò: una distesa di erba bruciata dal sole, sormontata da un altissimo lampione, come quelli che di solito si trovano negli impianti industriali o negli scali ferroviari.



Tra l'erba secca si intravvedono i resti di quella che un tempo doveva essere un'aiuola. I fiori, di cui non c'è più neppure il ricordo, componevano una scritta: Terme di Salice. È il nome dello sponsor che probabilmente dovrebbe pagare la manutenzione della rotonda. Un bel biglietto da visita per una delle principali risorse turistiche dell'Oltrepò!

Tutto intorno solo erbacce e squallore.



Proseguendo verso Salice, incontriamo una rotatoria nei pressi di Castelletto di Branduzzo. L'estetica non è migliore. Anche qui c'è il solito altissimo lampione da svincolo autostradale. Una serie di pali di cui non si comprende la funzione sono l'unico 'addobbo' tra l'erba incolta.



Ancora qualche chilometro e arriviamo a un'altra rotonda. Lo stile è lo stesso dei precedenti rondò, ma qui almeno l'erba e verde. Siamo nei pressi di uno dei maggiori centri commerciali d'Italia, quello di Montebello, e proprio di fronte alla rotatoria c'è un grande negozio di fiori e piante, Botanic. Nessuna delle imprese che si affacciono su questo spazio sente evidentemente l'esigenza di abbellirlo in qualche modo. E neppure ci pensano le amministrazioni locali.



A delimitare il percorso delle auto intorno alla rotatoria c'è un guardrail da autostrada, dietro il quale è terra di nessuno: erbacce, rifiuti e tombini-trappola. E i pedoni? Evidentemente non sono previsti.



Il nostro viaggio prosegue. Le rotonde dell'Oltrepò ci riservano qualche altra sorpresa: ne parleremo nella prossima puntata.

domenica 22 agosto 2010

Redavalle, dall'allevatore al consumatore

Appena usciti da Redavalle, percorrendo la strada per Barbianello, ci si imbatte in un cartello che dice: "Macelleria, produzione propria, vendita diretta". È l'allevamento, con annessa macelleria, della famiglia Delvitto, il posto giusto per chi vuole acquistare carne di manzo di qualità, prodotta ancora come si faceva una volta.



"Per l'alimentazione dei nostri capi usiamo solo erba medica, loitetto, soia e mais, tutti prodotti sui nostri terreni", spiega Giancarlo Delvitto, il capofamiglia, che ha messo in piedi l'azienda; ora è in pensione, ma aiuta il figlio Davide che prosegue l'attività. "Non usiamo farine animali nè tantomeno antibiotici e ormoni per pompare la crescita", afferma il signor Giancarlo. "Sono sempre stato contrario a questi metodi, tanto che per dieci anni ho addirittura smesso di fare l'allevatore. Sembrava che senza l'uso quei prodotti non si potesse stare sul mercato in modo competitivo. Ma gli effetti poi si sono visti... Quando ho ripreso ad allevare bovini ho deciso di cambiare sistema: non vendo più ai grossisti o ai supermercati, ma direttamente al consumatore. Abbiamo un buon giro di clienti, famiglie dei paesi vicini che vengono ogni 15 o 20 giorni a fare rifornimento e poi conservano la carne nel surgelatore per l'uso quotidiano. Qualche settimana nel surgelatore fa bene alla carne, migliora la sua consistenza, e il sapore non si perde, come succede invece se la si lascia congelata per troppo tempo".

Nella stalla dei Delvitto ci sono una ventina di bovini che ruminano tranquillamente. Quando il padrone si avvicina lo salutano con un muggito.



"Andiamo a prendere in Piemonte i vitellini appena svezzati e li facciamo crescere fino a quando raggiungono il giusto peso, verso i quattro anni", racconta Giancarlo Delvitto. "Poi li portiamo al macello di San Cipriano Po, a una decina di chilometri da Redavalle, dove si servono anche le coop emiliane. Trasportiamo i bovini vivi con un camion e dopo la macellazione ci riportano in fattoria i quarti, pronti per essere tagliati nelle varie parti, un lavoro che fa mio figlio Davide, mentre mia moglia si occupa della vendita".



In macelleria c'è infatti la signora Anna Maria, che oltre a vendere bistecche e filetti produce anche ottimi ravioli e conserve di frutta.

Accanto alla stalla c'è un grande capannone prefabbricato di cemento. "L'abbiamo costruito l'anno scorso per conservare il fieno e di paglia", dice Davide. "Contiene circa 600 balle da 5 quintali l'una; una parte la usiamo per i nostri animali, il resto lo rivendiamo". Negli ultimi anni l'Oltrepò Pavese è diventato uno dei maggiori produttori di fieno, esportato un po' in tutta Italia e anche all'estero.

Il mestiere Giancarlo Delvitto l'ha imparato quarant'anni fa dal padre, un importante commercante di bestiame. "Lo seguivo nei suoi viaggi all'estero, soprattutto in Francia, dove compravamo il bestiame che poi trasportavamo in Italia per rivenderlo", racconta. "Ho girato quasi tutta la Francia, dai Pirenei al Massiccio Centrale. I francesi hanno un vero culto per la carne rossa, che qui da noi si è un po' persa".



"In Francia l'allevamento viene ancora fatto in prevalenza all'aperto, salvo nei mesi freddi, quando le bestie sono ricoverate in stalla come da noi. Là il terreno è poco profondo, uno strato di qualche decina di centimetri sopra la roccia; non è adatto quindi alla coltivazione dell'erba medica, che richiede terreni profondi e calcarei, come quelli dell'Oltrepò Pavese. Gli agricoltori francesi fanno un primo sfalcio dell'erba quando è altra circa mezzo metro, in primavera; la fanno seccare e mettono da parte il fieno per l'inverno; poi fanno pascolare gli animali direttamente sui prati, spostandoli verso un nuovo appezzamento di terreno quando il precedende è ormai sfruttato. È  un tipo di allevamento che si potrebbe fare anche da noi, in particolare nelle aree collinari come quelle dell'Oltrepò. C'è però il problema dei furti di bestiame: in Francia i contandini possono fidarsi a lasciare gli animali all'aperto sui pascoli: si limitano a controllare ogni tanto che tutto sia a posto e che non manchi l'acqua e il foraggio; da noi, per evitare che le bestie siano caricate su un camion e portate via, ci vorrebbero dei mandriani 24 ore su 24, come nel Far West".

Comunque con una corretta alimentazione si ottiene un'ottima carne anche allevando gli animali in stalla. "Il loietto fornisce i carboidrati, l'erba medica le proteine", spiega Giancarlo Delvitto. "Altre proteine le portano le farine di mais e di soia; dopo la spremitura dell'olio di cui i semi di soia sono ricchi, la pasta risultante viene sottoposta a tostatura e se ne ricava una farina ricca di proteine. Qualche manciata di sale una volta ogni tanto completa la dieta (alla stato brado i bovini lo ricaverebbero leccando le rocce)". Erba medica, loitetto, mais e soia vengono prodotti nei campi intorno alla fattoria, fertilizzati con il letame della stalla, come si faceva una volta. "Produciamo anche grano, e la paglia la usiamo per le lettiere".



Paglia e fieno sono conservati nel nuovo capannone, chiuso da un grande portale di metallo. Un'efficace protezione contro i piromani: "Ogni tanto qualche cascina va a fuoco per colpa di qualche stupido che si diverte a incendiare le balle di paglia".

Ma i piromani non sono l'unico problema per gli allevatori. "I guai", spiega Giancarlo Delvitto, "sono cominciati quando l'allevamento è diventata un'attività industriale come le altre, dove l'unico obiettivo era quello di aumentare la produzione abbassando i costi, senza preoccuparsi della qualità del prodotto.  Si è arrivati così a sostituire il fieno con i mangimi  di origine animale, prodotti con gli scarti dell'industria alimentare; grazie a questi mangimi gli animali crescono rapidamente ma con i rischi per la salute che tutti oggi conosciamo. Per accelerare ulteriormente la crescita si è ricorsi poi ad antibiotici e ormoni, aggravando ulteriormente i rischi. A quel punto ho detto basta e per dieci anni ho rinunciato all'allevamento. Era diventata un'attività in cui non mi riconoscevo più. Poi ho deciso di riprendere, ma con diversi criteri. Non più un allevamento di massa per la grande distribuzione, ma una produzione più limitata. Anche su consiglio della Coldiretti, ho deciso di provare a vendere direttamente al consumatore finale. Ci siamo attrezzati con le celle frigorifere e un locale adatto alla vendita e abbiamo cominciato la nuova attività. A distanza di qualche anno possiamo dire che l'esperimento è riuscito".

La Provincia Pavese parla di noi

Il 13 agosto la Provincia Pavese ha dedicato un breve articolo (siglato s.d.,cioè Simone Delù), al nostro blog e alla questione, sollevata nel primo post, dell'inquinamento del torrente Coppa a Casteggio. Ecco il testo:

Depuratore sotto accusa: "Escono acque sporche"
CASTEGGIO. Si improvvisa fotoreporter per un giorno allo scopo di denunciare la condizione in cui versano le acque del torrente Coppa: "Come spesso accade, nei fine settimana ho percorso il tratto casteggiano della tangenziale diretta a Pavia, costeggiando le rive del Coppa", sottolinea Claudio Cazzola. "Ho notato subito una cosa: se a monte le sue acque sono ancora limpide, appena fuori Casteggio il colore diventa quasi indefinibile ed innaturale, tra nerastro e marrone. Cercando di scoprire le ragioni di questo fenomeno, tra giugno e luglio mi sono armato di macchina fotografica documentando attraverso una serie di immagini quanto ho visto. Ed arrivando alla conclusione che le acque sporche fuoriescono dal depuratore casteggiano". 
Un vero e proprio reportage fotografico, insomma, messo interamente su internet mediante un blog dal nome forzatamente ironico (“Chiare, fresche e dolci acque padane”). 
"Appena a nord di Casteggio le acque diventano improvvisamente scure, con al loro interno un liquido denso e torbido che sgorga proprio da due tubi collegati al depuratore. Dopo Casteggio, il Coppa prosegue il suo corso lungo la pianura, attraversa Bressana Bottarone sfociando infine nel Po. La prossima volta andrò a vedere che effetto fa la brodaglia marrone quando si versa nel grande fiume. Ho fatto anche una ricerca su Internet, scoprendo che già in passato alcuni esperti del settore avevano evidenziato come esistano dei problemi nella fase di decolorazione degli scarichi immessi nel Coppa". 
In Comune fanno sapere che la situazione sarà oggetto di verifiche: "Chiederemo all’Arpa di effettuare controlli, come tra l’altro avviene già regolarmente", spiega Andrea Mussi, vicesindaco ed assessore comunale all’ambiente. "Al momento non abbiamo ancora ricevuto segnalazioni di eventuali problematiche relative al depuratore". (s.d.)

Il torrente Coppa ringrazia dell'attenzione.

venerdì 6 agosto 2010

Turismo selvaggio nella 'riviera' dell'Oltrepò





Chi arriva in Oltrepò dal ponte della Becca si sarà forse chiesto cosa significhi il cartello con la scritta 'Attracco di Mezzanino e Rea' collocato subito dopo il ponte.
Per conoscere la risposta basta seguire la freccia e svoltare a destra lungo l'argine del Po. Dopo qualche chilometro si arriva in vista di Rea e qui un'altra freccia invita a scendere verso il fiume lungo una strada sterrata, tra i campi. Un centinaio di metri ed ecco l'attracco.


Una passerella porta dalla sponda del fiume a un pontile di metallo simile a quelli usati a Venezia per le fermate dei vaporetti.
Una catena fissata con un lucchetto chiude l'accesso alla passerella ma è facile scavalcare. Si scende facendo attenzione a non scivolare sul metallo ricoperto dalla sabbia portata dal vento o forse dall'ultima piena primaverile, e si arriva alla piattaforma galleggiante. Intorno è silenzio, interrotto dalla sciabordio dell'acqua e da grida di uccelli.
La struttura è in buono stato ma sembra in disuso. Inutile cercare informazioni sul posto. Intorno ci sono solo campi coltivati e una strada polverosa.


A qualche decina di metri qualcosa di insolito attira lo sguardo: in una radura a ridosso di un basso argine c'è quella che doveva essere una piazzola di sosta.  In mezzo agli sterpi e ai rovi si intravvedono alcune assi di legno (i resti di due tavoli da picnic) e tre cabine blu: gabinetti prefabbricati da cantiere che ora ospitano solo nidi di vespe.


Quello di Rea è uno degli attracchi a uso turistico previsti da un piano di valorizzazione del Po per cui nel 2004 era stato stanziato quasi un milione di euro. Gli altri attracchi sono a Mezzana Bigli, Linarolo, Spessa e Arena Po. E con una deviazione sul Ticino si arriva anche a Pavia...
La Provincia Pavese informa che l'inaugurazione delle strutture è avvenuta nel 2007. L'obiettivo, come spiega un articolo pubblicato nel maggio di quell'anno, è "portare i turisti sulla riviera dell’Oltrepò, a far merenda nelle aree attrezzate degli imbarcaderi, a toccare con mano la realtà del fiume per insegnare che la natura si rispetta vivendola un giorno dopo l’altro". Un insegnamento che pare non essere stato compreso da tutti, visto che già un mese dopo, in giugno, un lettore denunciava in una lettera al giornale lo stato di abbondono in cui versava l'imbarcadero di Rea.

Del  piano per la navigazione turistica sul Po si è continuato a parlare periodicamente nei mesi e negli anni seguenti. Nel giugno 2008 in occasione di una gita in barca per la 'Festa provinciale' del fiume; l'anno successivo per l'inaugurazione a Mezzanino del Museo del Po. In questa occasione le autorità anzi rilanciano: "Entro fine anno le aree d’attracco verranno dotate di biciclette a noleggio e portabicliclette e verrà acquistata un’imbarcazione pubblica che metterà in rete i quattro attracchi della provincia".
Passa un anno e mezzo e nell'ottobre 2009 ecco un altro annuncio: "È in arrivo l’imbarcazione, a pescaggio limitato, che collegherà gli attracchi sul Po di Mezzana Bigli, Arena Po, Mezzanino e Rea Po, portando i turisti in viaggio sul fiume".
Arriviamo all'aprile di quest'anno, quando il quotidiano ci informa che entro maggio sarà inaugurato la struttura di Mezzana Bigli e che  "un’imbarcazione collegherà gli attracchi sul Po di Mezzana, Arena Po, Mezzanino e Rea Po".

Non resta che aspettare: fra qualche mese sicuramente ci sarà un nuovo annuncio: il progetto sta per andare in porto, presto arriverà l'imbarcazione, ci saranno anche le biciclette e i turisti faranno la fila per visitare la 'riviera' dell'Oltrepò.